Cattivi pazienti o cattivo programma?

   
   

Colonial Management Group, LP

J. Thomas Payte, M.D.

Cattivi pazienti o cattivo programma?

Allo staff del CMG ad ogni livello, ai pazienti interessati, a chiunque altro, e a chiunque sia interessato alle cure di qualità che ottengano risultati favorevoli.
Recentemente sono stato in contatto con un paziente in metadone e con suo padre impegnati in una lotta per ottenere una dose individualizzata ed adeguata di metadone dal loro programma. L’ultima notizia mi dice che la soluzione è ancora pendente. Avendo trattato molti conflitti fra i programmi ed i pazienti, come sostenitore dei pazienti e medico dei programmi, ho imparato a non dare giudizi ancor prima di avere valutato tutti i punti di vista. Questa lettera non costituisce attacco a nessun programma specifico, quanto piuttosto una netta condanna alla pratica del rifiuto di aumentare le dosi nonostante forti indicazioni cliniche sul fatto che quella attuale non sta ottenendo risultati ottimali per il tempo desiderato. Si tratta di una risposta ad una situazione ricorrente e cronica che richiama l’opportunità di un insegnamento. E la situazione che descrivo non è affatto rara.Mi piace pensare che nei 40 anni, da quando ebbi a curare la mia prima coppia di tossicodipendenti da eroina, abbia imparato alcune cose. E nell’occasione imparo cose che non si apprendono dai giornali, nelle politiche, nelle procedure o nelle linee guida. Lo scopo di questa lettera è quello di partecipare questa mia esperienza ed il suo semplice insegnamento.Nel 1985 eravamo immersi nell’isteria delle basse dosi che era diffusa nei programmi come oggi è diffuso il visus Sobig nei nostri computers. Non ero affatto immune da questo fenomeno e tentavo di ridurre la dose massima per gli affidamenti a 80mg. Ad oggi non riesco ad immaginare perché lo facevo, se non perché altri programmi erano impegnati nello stesso inutile sforzo senza uno straccio di evidenza clinica o scientifica che sostenesse un tale bizzarro comportamento.Nel mezzo delle frustrazioni dei pazienti che si lamentavano e che non avevano risultati, lessi un articolo di Forrest Tennant e colleghi in uno dei giornali specializzati. Ciò che avevano fatto era il confronto fra un gruppo di ottimi pazienti dal comportamento buono, con un gruppo di pazienti dai risultati scarsi, colpevoli di scarsa compliance, con urine positive ed un insieme di irregolarità perpetrate contro il programma metadonico.Entrambi i gruppi assumevano 80mg. di metadone al giorno. Il test consisteva semplicemente nel misurare i livelli plasmatici 24 ore dopo l’assunzione monitorata di una dose. La media dei livelli per i pazienti “bravi” era oltre i 400ng/ml, mentre quelli “non bravi” ne avevano meno di un quarto, con una media di circa 100ng/ml. Mi venne un’illuminazione di quelle rare: forse i pazienti che non vanno bene non sono cattivi pazienti, ma dispongono di un cattivo trattamento! A quel punto abbandonai la ricerca della dose minima possibile ed adottai il sistema delle dosi individualizzate ed adeguate, utilizzando occasionalmente la ricerca dei livelli plasmatici per individuare eventuali metabolismi alterati, ecc. La lezione n. 2 la ricevetti sul finire degli anni ’80 quando ammisi un paziente che era stato dimesso da un altro programma. Era stato considerato “non compliant”, aveva urine positive ed era stato considerato privo di motivazioni, ecc. Durante l’ammissione, dalla sua storia, notai che egli non era mai stato stabilizzato e che il suo ricorso alla droga era più probabilmente una forma di automedicazione piuttosto che ricreazionale. All’inizio nel nostro programma ci si dedicò alla ricerca di una dose che controllasse il suo “craving” e lo proteggesse dalla sindrome. Questa dose risultò considerevolmente più alta di quella massima consentita dal suo ex programma. Il risultato? Nel giro di poche settimane ci fu un completo ribaltamento, con urine negative e miglioramento in tutti i parametri dell’ASI (Addiction Severity Index). Divenne un paziente modello e ben presto ottenne l’affidamento. Da quel tempo questa esperienza, con minime varianti, mi è stata rinforzata in moltissimi casi. Di fronte ad un paziente difficile il primo ordine di lavori consiste nell’ASSICURARCI CHE QUEL PAZIENTE RICEVA UNA DOSE INDIVIDUALIZZATA ED ADEGUATA.

L’adeguatezza della dose è basata su due fattori:

Quanto?: L’ammontare del farmaco;
Quanto spesso?: La frequenza delle somministrazioni (24, 12, 8 ore, ecc.)

Nel semplice termine “dose adeguata” si definisce quanto metadone è necessario per sopprimere il “craving/appetizione” e prevenire l’instaurarsi del calo per il tempo in eccesso dell’intervallo fra le somministrazioni (normalmente 24 ore).Mentre dosi comprese fra 80 e 120mg. sono efficaci per la maggior parte dei pazienti, l’attuale range di dosaggi adeguati spazia da un minimo di 10 fino, in casi rari, a 500mg. ed oltre.Con questo non è mia intenzione sostenere che ogni problema dei pazienti è da riferirsi esclusivamente alla dose del metadone, ma mi sento di rinforzare il concetto che, come primo passo, spesso molti problemi si risolvono assicurandoci che la dose sia adeguata, e come minimo, questo migliora le probabilità di successo anche delle altre strategie di intervento che possono seguire.Prima di etichettare un “paziente cattivo” bisogna essere certi che il problema non sia un “cattivo trattamento”.Se volete capire se un paziente riceve una dose adeguata semplicemente chiedetegli come si sente durante tutto il giorno in relazione alle somministrazioni (4, 12 o 24 ore dopo aver bevuto). Dopo avere chiesto, ascoltate. La prima cosa che ci ha insegnato Marie Nyswander è: “ascoltate sempre il vostro paziente e non vi sbaglierete mai”. Si deve essere capaci di domandare e di ascoltare per ottenere informazioni che ci permettono di assumere quelle decisioni che ci consentono di assicurare un trattamento di qualità. La metadonemia non da queste informazioni sulla dose adeguata. Spero che vorrete considerare il contenuto di questa comunicazione con mente aperta. Ciò che si suggerisce è veramente un passo semplice, ma in molti casi può essere l’unico che risolve il problema di un paziente difficile. Non cercate di essere un programma a basse dosi o ad alte dosi. Cercate piuttosto di essere un programma a dosi adeguate.

Sottoposto rispettosamente per la possibilità di fornire un trattamento migliore nell’interesse di tutti coloro che serviamo.

Grazie.